IL RACCONTO
LORELLA VA IN PENSIONE UN LUNGO VIAGGIO TRA LAVORO E AMICIZIA
Ed eccomi qui: al traguardo della pensione. La considero una tappa importante nella misura in cui non è sempre una certezza poterla raggiungere.
Tutti mi chiedono: "e adesso cosa farai?" Non mi pongo minimamente il quesito, anche se so che ho ancora tante cose da fare in programma ecco programma: parola che non voglio più nel mio vocabolario.Farò ciò che mi piace e godrò della presenza delle persone che ho vicino. Accoglierò tutto il resto proprio come si accolgono gli eventi che la vita riserva per ciascuno di noi. Il ritmo di 40 anni di lavoro, comunque, non si accantona da un giorno all altro: è un allenamento inverso a quello che è servito per arrivare fin qui. Al mattino mi sveglio ancora con la tensione di riuscire ad incastrare tutto nella giornata che seguirà ma subito realizzo che il tempo è dilatato: il dover fare oggi fa spazio al poter scegliere di fare domani! E la consapevolezza che ora il tempo è mio e compagno della distensione. Mi vedo giovane, ventenne, dopo le scuole superiori, alla ricerca di un lavoro. Prova in Pia Opera che stanno cercando - mi dicevano i miei - e io ho seguito il suggerimento. Allora, più di quarant anni fa, non c erano le attrezzature, la formazione, gli ausili, gli impianti di areazione: a casa mia, avevano tutti scommesso che non sarei riuscita a resistere. E invece, dopo un mese di volontariato per prova (non c erano le attuali norme di assunzione) ho deciso di restare. il mio primo cartellino è datato 1° Maggio: il giorno della Festa dei lavoratori. Sul cartellino, scritto a mano: riposo. Bell auspicio - mi son detta - e invece è stata tutta un incalzante strada in salita fino ad oggi.
HO INIZIATO come operatrice (allora inserviente), ho superato il concorso di ammissione. Dopo 10 anni nel ruolo di operatrice, durante i quali ho frequentato il corso di Operatore Addetto all Assistenza, ho cominciato ad affiancare le suore che allora gestivano i reparti. Non esistevano guanti monouso, il monouso per l igiene, i sollevatori; dopo i pasti si lavavano, ai secchiai come quelli di casa, centinaia di piatti; per il bagno degli ospiti si usavano le comuni vasche da bagno; non c erano sollevatori, ausilio importante per gli operatori. Infatti la pensione ha trovato le colleghe più anziane con le gambe e la schiena compromesse. Il turno di lavoro del giorno dopo lo trovavi scritto a mano, il giorno prima, sul cartellino. Dal 1985 la Pia Opera Ciccarelli ha iniziato un processo di sviluppo, di trasformazione e di evoluzione che non si è mai fermato e gli amministratori di allora mi chiesero se volevo collaborare attivamente a questa crescita. Servizio in reparto, servizio domiciliare, telesoccorso, Progetto Alzheimer, sollievo, diurno, responsabile di una residenza, poi di più residenze, ricerca e scelta del personale, analisi dei tempi e delle attività di lavoro, analisi di alcuni servizi e realtà assistenziali, cura dell ambiente, gestione dei turni di lavoro, scelte delle equipe, coordinatrice di area, organizzazione del lavoro, progetti sperimentali, progetti educativi, relazioni con ...il mondo.Non è un elenco delle funzioni che ho svolto: è il mondo in cui ho operato e che ha richiesto una doverosa presenza; una presenza fisica, professionale, ma sopratutto umana. Un ruolo di coordinamento è l insieme sinergico di relazioni, di confronto, di affiancamento, di comprensione, ma soprattutto di determinazione e non è facile coniugare autorità, sensibilità e empatia. Certo, ci sono stati anche periodi di sconforto, di crisi, di burn out: dubbi e incertezze da non dormirci la notte - Ma chi me lo fa fare? Poi, ritrovato l entusiasmo, rabboccata la motivazione, sono sempre ripartita e, come dopo ogni crisi, più entusiasta di prima. Mi piaceva il mio lavoro, mi dava stimoli, richiedeva anche tanta creatività, dava espressione al mio modo di essere: i valori della mia vita lavorativa e della mia vita privata combaciavano e, perché no?, anche un po di ambizione e il desiderio di mettermi sempre alla prova. Per un periodo sono stata eletta anche rappresentante sindacale e ricordo bene le lotte per ottenere alcune concessioni che ora sono diventate diritti.
Lorella Belligoli in Pia Opera con l'allora vescovo Giuseppe Amari
INIZIALMENTE a motivare il mio impegno, come per molti, è stata la necessità di avere uno stipendio, ma da un certo punto in poi è diventata una scelta. E così il susseguirsi dei corsi di formazione e di aggiornamento, i convegni, gli incontri formativi con la Direzione, le introduzioni di modalità di lavoro innovative, le tecniche assistenziali sperimentali, le attrezzature all avanguardia, la formazione permanente del personale, la definizione dei contratti di lavoro, di ruoli riconosciuti (mosche bianche a quei tempi i responsabili operatori assistenziali!).Ma a scandire i miei quarant anni di lavoro sono stati soprattutto i volti delle persone, dei colleghi, dei familiari, degli ospiti, di coloro con i quali mi sono confrontata e dai quali ho imparato tanto.
NEGLI ANNI 80 la malattia di Alzheimer non era conosciuta, ma c era!!! E noi operatori, sprovveduti, dovevamo inventarci un assistenza che garantisse la cura e la dignità alle persone che venivano ricoverate. Mi ricordo le signore Diletta ed Anna che hanno messo in crisi l intero reparto perché non sapevamo come gestire i loro comportamenti e ci affidavano solo al buonsenso e al lavoro di squadra (la parola équipe non era di moda). La giornata seguiva un ritmo serrato: igiene alla persona con tempi molto lunghi, il guanto monouso quello sconosciuto!, niente pannoloni ma i famosi lenzuolini che venivano mandati in lavanderia e che, chi era in turno la notte, doveva piegare e preparare per il giorno dopo, pasti e assistenza notturna. Ricordo quella signora tedesca, che si trovava sul lago in vacanza e, dopo un evento clinico importante, è arrivata da noi in reparto: comprendeva solo la lingua tedesca e ci si doveva spiegare solo con i gesti. E ricordo il figlio, solo, al funerale di sua madre: l ho accompagnato solo io alla funzione e al cimitero e, alla mia domanda sulla ragione per la quale non seppelliva la mamma nel suo Paese natale, mi ha risposto: Signora la terra è terra dappertutto . Ricordo anche i conflitti personali, rispetto alle questioni etiche che nel tempo sono diventate impellenti nell accompagnare, insieme alle equipe, le famiglie nelle scelte dolorose e a volte umanamente insostenibili. È stato piuttosto complesso assumersi la responsabilità verso gli altri, rispondere dell operato degli altri, non reagire a certi attacchi, a certe critiche, non è stato facile scindere l essere persona con l essere ruolo. Ricordo la fatica di tradurre ai colleghi la motivazione di alcune scelte lungimiranti della Direzione, che sembravano in quel momento scelte senza senso, avventate, e le discussioni che ne seguivano, ma ricordo anche i tantissimi colleghi pronti all impegno, alla collaborazione, con i quali, quando ci si trovava al di fuori del lavoro, tutto diventava scherzoso e leggero.
E QUESTI MIEI ULTIMI due anni di lavoro? Hanno contato per i loro multipli, per diverse e opposte ragioni: se è stato ed è un tempo complesso, inimmaginabile, problematico nel quale una impensabile pandemia ha messo alla prova la resistenza di tutti - ospiti, operatori, familiari, direzione, consiglio di amministrazione - ma è stato anche la conferma che la Fondazione è davvero una famiglia. Lascio il mio lavoro con uno zaino pieno di bei ricordi che lasciano pochissimo spazio a tutte le mie fatiche.
Auguro AGLI OSPITI e ai loro familiari di riuscire sopportare il carico delle scelte di essere aperti al sostegno che il personale può offrire a non sentirsi soli, ALLE MIE COLLEGHE e ai miei colleghi di non mollare mai perché qualsiasi ruolo ognuno ricopra è un tassello di crescita professionale ma soprattutto personale, ALLE COLLEGHE E AI COLLEGHI che hanno lavorato con me spalla a spalla di mantenere la resilienza e di essere consapevoli che il ruolo che esercitano è davvero una missione, ALLA DIREZIONE di mantenere il fiato per infondere e condurre, come sempre ha saputo fare, AL CONSIGLIO di amministrazione di conservare quella lungimiranza che ha sempre contraddistinto la Fondazione nelle scelte e che ha rafforzato nel tempo la convinzione che la strada è sempre in salita ma per raggiungere vette straordinarie, AL PRESIDENTE di tenere ben saldo il timone. Forse dimenticherò i singoli eventi, perché questa è una faccenda della mente (e noi tutti lo sappiamo bene) ma sempre godrò della ricchezza regalata da questi 40 anni di lavoro, perché questo è un affare del cuore.
Un grazie a tutte e a tutti. Un grazie speciale va alla mia famiglia che mi ha dato i motivi per non mollare mai e per comprendere che il futuro è bello.
Lorella Belligoli
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